Mimi Bluette fiore del mio giardino by Guido da Verona

Mimi Bluette fiore del mio giardino by Guido da Verona

autore:Guido da Verona [Verona, Guido da]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-10-06T22:00:00+00:00


Dopo qualche tempo le sollevò nel viso gli occhi folli e disse opacamente:

—Il est parti.

—Comment parti? Sans rien vous dire?

Ella si appoggiò le mani sul cuore, scosse indietro il peso dei capelli, rispose unʼaltra volta:

—Parti.

Ma, dopo qualche attimo, sorse in piedi con unʼenergia convulsa:

—Non, ce nʼest pas possible!—disse duramente.—Ce nʼest pas possible. Vite, vite, Linette! Envoie chercher un serrurier, et que mon auto soit prêt de suite.

—Pourquoi faire un serrurier?

—Pour ouvrir une porte. Vas–y toi–même, avec lʼauto, sans tʼhabiller... vite! vite!

—Mais, Madame...

—Ne demande rien, je tʼen prie! Tu vois bien que je meurs dʼangoisse...

Un quarto dʼora dopo il fabbro giungeva sotto lʼatrio. Lo fece salire nellʼautomobile, a fianco del meccanico.

—Viens avec moi, Linette; ne me laisse pas seule...

—Je vais donc mettre mon chapeau, ma jaquette...

—Oui, mais dépêche–toi!

In quel momento la bionda Caterina rientrava dalla sua passeggiata crepuscolare, fresca e giovanile quanto è lecito essere ad una donna della sua età. Siccome nel medesimo tempo Linette scendeva già dallo scalone, sua figlia non le permise nemmeno di avvicinarsi allo sportello:

—Dopo, dopo, ti spiegherò, mammina... ora ho fretta!

E la lasciaron lì nel sottoportico, mentre i due pettegoli bambini del portinaio la tiravano per la bella sottana e le chiedevano sfacciatamente:

—Est–ce que ce soir il nʼy a pas de chocolats pour nous, madame Catherine?

Non ne aveva. Ma restò per circa una mezzʼora, lì, sotto il portico, a far congetture su lʼaccaduto con quel personaggio gallonato e protocollare, che possedeva il senno proverbiale di tutti portieri.

Laggiù frattanto, nella strada calma e lontana, le poche botteghe si erano accese di una pallida elettricità. Qualche gente vi discorreva su lʼorlo dei marciapiedi; qualche altra, stanca della giornata, passava senza volgere il capo, lungo i muri.

Dietro la porta vetrata il lucido gattone di Madame Greuze guardava con immobilità bollire una pentola sul fuoco.

Salirono.

Prima ella suonò ancora il campanello; poi, rapidamente, il fabbro fece saltare la serratura.

Bluette osservava con occhi fermi le mani callose dellʼoperaio. Gli disse:

—Partez avec mon auto. Faites tout de suite une nouvelle clé; donnez–la au chauffeur. Je lʼattends.

Ed ascoltò il suo passo pesante scendere per le scale scuotendo il mazzo dei grimaldelli.

Non osava entrare.

Linette le stava così presso che i loro gomiti si toccavano.

—Je nʼai plus de courage, Linette... Il sʼest tué peut–être... je vais voir son cadavre...

—Appelons quelquʼun, Madame... moi aussi jʼai très peur...

—Non, tais–toi. Ce nʼest pas possibile... il est parti... parti...

Entrarono, chiusero lʼuscio. Nellʼanticamera faceva buio. Ma un raggio batteva nel vetro dʼun piccolo quadro. La casa deserta sembrava infinitamente profonda.

Bluette cercò, lungo la cornice dello stipite, lʼinterruttore della luce elettrica, ma in quel grande smarrimento la sua mano incerta non lo ritrovava.

Infine Linette riuscì ad accendere. Videro che lʼattaccapanni era vuoto.

Tre stampe di cacce inglesi pendevano dalla parete; vʼeran su la tavola un bacile di rame, un vaso di cristallo, con qualche fiore appassito che aveva portato Bluette.

Dʼun tratto, come una pazza, ella si mise a correre per la casa... Guardò, frugò... Nulla, nulla, nulla...

Sì, era partito per sempre, partito come un vero nomade, partito senza dirle addio.

In quel momento venne su la portinaia.



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